Da Ipab ad Asp: un nuovo modello integrato di servizi alla persona. Esperienze a confronto tra istituti e sindacato.

Giovanni Granci (Centro Bufalini)
Sponda per chi si trova in un percorso didattico senza sbocchi.

Quella che un tempo era denominata la “Scuola operaia Giovanni Ottavio Bufalini” è il luogo dove – dal 1909 in poi – si è andata formando buona parte dell’imprenditoria dell’Alta Valle del Tevere: una zona che tra gli anni Sessanta e i Novanta del secolo scorso produceva un terzo del prodotto interno dell’Umbria.
Condivido l’idea di sviluppare una pressione sui parlamentari perché l’emendamento sulle Apsp-Asp ci aiuterebbe a tenere il bilancio in equilibrio: dopo la trasformazione in Asp (nel 2017) nel nostro bilancio il patrimonio non è più collocabile nella voce “profitti e perdite” ma nel “conto patrimoniale”: una pietra al collo che rischia di portarci a fondo. L’anno di trasformazione è diventato una sorta di “punto zero”: quello che è stato contabilizzato nel periodo precedente è completamente cancellato così rischiamo di chiudere il bilancio in perdita.
Da qui rischio di “svendere” il patrimonio per fare cassa visto che il cuore della nostra attività è la formazione dei ragazzi.
Nell’anno formativo corrente sono circa 130 le iscrizioni, con un calo perfettamente in linea con quello demografico: perone giovani e giovanissime fuori dal circuito tradizionale della scuola che usufruiscono di oltre 1000 metri quadrati di laboratori che sono vere e proprie postazioni di lavoro così come le si trova nelle aziende (meccaniche, falegnameria, ristorante, bar).
Vorremmo trovare il modo di uscire dallo status di sottosistema dei professionali per diventare una scuola delle arti e dei mestieri da dove si esce con la certezza di trovare lavoro: abbiamo formato 24 saldatori negli ultimi 6 mesi e hanno trovato tutti lavoro prima di diplomarsi.
C’è anche qui un cambio di prospettiva da attuare, mettendo in fila qualche cifra: il 57% delle iscrizioni è orientato sui licei, il 30 verso gli istituti tecnici, il 13 punta ai professionali.
Ebbene su 100 persone che ottengono la maturità si iscrivono all’università solo 60 (32 femmine-28 maschi) si laureano; gli altri si ritrovano con un diploma di scarso valore per il mercato del lavoro…
Per sciogliere questi nodi dobbiamo uscire dalla logica dei corsi biennali per la fascia 16 – 18 anni di chi rischia di non completare l’obbligo scolastico; noi dobbiamo passare alla formazione di un anno aperta fino all’età di 29 anni: è così che potremo offrire una sponda a tutti coloro che si trovano in un percorso senza sbocchi, magari proprio quelli che non hanno completato l’università e non trovano come poter riutilizzare parte della propria formazione.
Quindi Rigenerazione non solo degli edifici ma anche delle persone… indispensabile fare sistema e questa occasione ci sembra buona. Abbiamo bisogno di questo.



Estetiste diplomate al Centro formazione Giovanni Ottavio Bufalini a Città di Castello


Fonte: https://www.nuoverigenerazioniumbria.com/_files/ugd/fbf023_280fcade5a984ed4913ba226e6780a6f.pdf

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